“Natoli e Pignatone”, il caso “bobine”
Emergono altri dettagli sul perché della contestazione del reato di calunnia all’ex magistrato Gioacchino Natoli sul caso delle bobine ‘mafia e appalti’. L’ipotesi di reato a carico di Giuseppe Pignatone.
Emergono altri dettagli nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Caltanissetta sul presunto insabbiamento delle indagini su mafia e appalti in Sicilia sfociata nell’invito a comparire per essere interrogato all’ex magistrato Gioacchino Natoli, già componente del pool antimafia di Falcone e Borsellino, e poi dello stesso invito al magistrato in carica, Giuseppe Pignatone, già procuratore aggiunto a Palermo. L’atto finale dell’insabbiamento sarebbe stato la distruzione dei nastri delle intercettazioni telefoniche. Natoli, che avrebbe contribuito a eludere le indagini favorendo mafiosi, imprenditori e politici, avrebbe commesso, oltre al favoreggiamento aggravato, anche il reato di calunnia. Dunque: tra ‘90 e ’91 la Guardia di Finanza è stata impegnata ad ascoltare alcune conversazioni degli imprenditori Buscemi e Bonura, ovvero i mafiosi, sponsorizzati da Riina, sospettati di avere concluso affari con i vertici del gruppo Ferruzzi-Gardini, soprattutto tra cave e appalti miliardari. Il collaboratore della Giustizia, Leonardo Messina, raccontò a Paolo Borsellino che Totò Riina era dietro la “Calcestruzzi Spa”, colosso delle opere pubbliche della famiglia Ferruzzi. Dopo quattro mesi di intercettazioni le Fiamme Gialle informarono i magistrati che dall’ascolto non era emerso nulla di utile in ambito investigativo. E quindi Gioacchino Natoli, da pubblico ministero, nel giugno del ’92 firmò la proposta di archiviazione, e tra l’altro scrisse: “Gli esiti di tali investigazioni non hanno consentito di accertare circostanze specifiche, singoli episodi o altri elementi di fatto che possano ricollegarsi ai fatti criminosi ipotizzati, tra associazione di tipo mafioso e riciclaggio di denaro, se non invece a normali rapporti commerciali, legati alle partecipazioni e alle cointeressenze con importanti società operanti nel settore marmifero o in altri a quello correlati”. Ebbene, quando nel settembre del 2023 tramite l’avvocato della famiglia Borsellino, Fabio Trizzino, salta fuori il caso delle bobine relative a tali intercettazioni, Gioacchino Natoli il 6 febbraio scorso invia alla Procura di Caltanissetta una pec. Nell’oggetto si legge: “Brevi note di chiarimento”. Natoli spiega che nel giugno del ’92 aveva disposto la smagnetizzazione delle intercettazioni. Non erano emersi elementi utili alle indagini e, secondo prassi, i costosi nastri sarebbero stati riutilizzati per altre indagini. Natoli sottolinea che alla frase “smagnetizzazione dei nastri” un’altra mano ha aggiunto a penna la frase: “e la distruzione dei brogliacci”. Secondo Natoli la mano sarebbe stata dell’allora dirigente dell’ufficio intercettazioni, il funzionario Damiano Galati. Ordunque, ecco perché i magistrati nisseni contestano a Natoli anche l’ipotesi di calunnia aggravata, perché, a loro avviso, avrebbe “incolpato Galati sapendolo innocente”. Ancora ebbene: la Procura di Caltanissetta sospetta che sia stato Giuseppe Pignatone ad apporre a penna la dicitura “e la distruzione dei brogliacci” sul provvedimento con cui il collega Gioacchino Natoli il 25 giugno del 1992 dispose la smagnetizzazione delle bobine delle intercettazioni telefoniche effettuate nei confronti dei fratelli Nino e Salvatore Buscemi. Infatti, i magistrati nisseni hanno incaricato il Ris dei Carabinieri di Messina ad eseguire una perizia grafologica. Pignatone, già convocato a Caltanissetta, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Tuttavia le 190 bobine non sono state distrutte e sono state trovate nei sotterranei del palazzo di giustizia di Palermo, nell’archivio, recuperate e riascoltate. Anche Natoli precisò che il materiale non era stato distrutto ed era conservato in archivio. All’appello però mancherebbero tre dei quattro brogliacci riepilogativi, ovvero gli ‘appunti’ della Guardia di Finanza relativi al contenuto delle intercettazioni effettuate. La Procura di Caltanissetta ha ordinato alla Guardia di Finanza di riascoltare le bobine, e le Fiamme Gialle avrebbero scoperto dialoghi ritenuti e definiti testualmente “rilevanti” e “vere e proprie autonome notizie di reato”.
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