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La personalità narrativa di Pascal Schembri


(Lo scrittore italo-francese Pascal Schembri ideatore tra l’altro del premio “Scala dei Turchi” ha presentato qualche giorno fa alcuni dei suoi libri di successo come “Figli adottivi” e “L’arma del potere” una visione cinica del malaffare imperante. Relatori Ester Monachino, Fabio Fabiano, Mariella Bruno e Luciano Carrubba.Pubblichiamo la disamina che ne ha tratto la poetessa Ester Monachino).

di Ester Monachino
Immergersi nella lettura del volume “Figli Adottivi” di Pascal Schembri, edito con i tipi della piemontese Schepa Edizioni, è fare esperienza di quel propellente umano proteso al Verbum, come azione scritturale senza posa, senza alcuna soluzione di continuità. Dura tutto un libro. Dura tutta una vita.
Noi, qui, a intessere un fitto dialogo con la sua interiorità, a leggere il dettato basilare che ha dato, e continua a dare, l’incipit di ciascun lavoro.
Un’immersione, dunque, nell’universo di scrittura di Pascal Schembri che, di sicuro, con questo volume, non raggiunge un punto di approdo poiché certamente potremo seguirne un ulteriore percorso tanto è la forza interna, l’energia che percorre e vivifica la sua tensione verso lo scrivere ciò che la sua consapevolezza gli detta. O il suo intento, il suo volere più dinamico.
Ma, cosa vuole Pascal? Quale forza interiore lo sprona ad una scrittura continua, pressante, direi talvolta furiosa?
Sapremo introdurci nei cunicoli nascosti del suo animo e trarne il dettato, quel quid occulto che ne smuove il polso? Vedremo, dunque, vedremo se sarà possibile.
La struttura del volume. Lo ammetto: ho contato i vari capitoli perché ritengo sia un dato indicativo. Ne ho contati sessantuno. A questi si aggiungono il testo prefattivo di Sergio Sciacca, il capitolo sui Premi ricevuti e, in ultimo, gioiello incastonato, quattro capitoli riguardanti il Premio coniato, creato da Pascal stesso “Premio letterario Scala dei Turchi-Dina Russiello” che ha già dato alla luce ben tre edizioni.
Sessantuno. Ovvero, a parte qualche titolo ancora in gestazione o in attesa di pubblicazione, ecco tutta una fioritura di volumi editi sia in Italia che in Francia, volumi tutti interconnessi e, indubbiamente, rispondenti ad un disegno unitario. Un giardino unitario ma variegato, per una fruizione su vasta scala.
Il volume è strutturato secondo un percorso cronologico: segue passo passo l’iter biografico di Pascal, ne scandisce ogni vicissitudine, respira della sua vita, sancisce il legame indissolubile tra l’io dello scrittore con la terra, in special modo quella d’origine, ma soprattutto sancisce il legame con il voi e il noi, lettori consanguinei e simpatetici delle storie narrate che, leggendo, si fanno proprie.
Sempre noi a ricordare che dove la parola è un orizzonte largo di senso, di significato, di tempo ritrovati, là è integrale l’esperienza umana poiché, in quanto umana, non può fare a meno di cercare e ricercare attraverso la parola ciò che sta a fondamento dell’esistenza stessa dandole appunto un senso, un significato, quel valore per cui vale la pena vivere, l’esserci in questa dimensione.
In ogni capitolo, dunque, riscontriamo non soltanto l’onirico, il sogno narrativo e conduttore dei vari romanzi, dei vari saggi, l’architettura dei lavori messi in opera, ma il loro interno dinamismo, le tracce, la loro celebrazione formale nei testi prefattivi-introduttivi dei vari scrittori che ne hanno firmato la presenza critica. Riscontriamo, inoltre, la matrice primigenia dei vari volumi, il fondamento che ne ha avviato l’essere in parola, l’essere interiore dello scrittore che ha captato l’incipit, il germoglio, trasfigurandolo entro i recinti del narrare, entro le dimensioni della temporalità che assurge a metafisica dell’intrinseco senso.
E’ proprio questo che a noi urge mettere in evidenza. E’ proprio questo che sta ad indicare il volto caleidoscopico e multivariegato del nostro scrittore.
Leggiamo, ad inizio del volume: “Eccomi a cercare di ricordare per ogni mio libro, pubblicato e non, quale sia stato l’incipit, la partenza per il viaggio rappresentato dalla realizzazione di ogni mia opera. Per ciascuna, un breve retroterra che indaghi o ricostruisca per quanto la memoria mi concede il tragitto che mi ha condotto dal titolo alla parola fine.” (Pag. 7).
Dimensione temporale della memoria, pertanto, sgomitolata nel proprio vettore orizzontale che riporta, nell’istantaneo momento del ricordo, gli eventi, gli accadimenti, gli input, i sogni, la visionarietà che ne hanno intessuto la coniugazione verbale al tempo presente prima che diventasse passato, tempo storico.
Vi è sempre un momento di piccolo o estremo brulichio di Caos prima che si faccia bagliore di Cosmos, un caos che racchiuda, per dirla con le famose parole di Nietsche, una stella danzante. Anche in Pascal è avvenuto tutto questo.
Ancora leggiamo, a seguire: “Avevo scritto canzoni, monologhi teatrali… La profondità del mio smarrimento pareva ora portarmi proprio lì, all’idea di un’opera che riassumesse le vicissitudini di una vita e quelle osservate in giro per il mondo…innalzando accadimenti quotidiani a vicende romanzesche degne di essere raccontate.”
Il dettato primigenio che ha dato l’avvio scritturale di Pascal, quel germoglio iniziale, forte tanto da spaccare la stasi interiore come la più dura corteccia, va visto proprio nella visione onirica di se stesso, ragazzino incompreso ma che sa “parlare con le stelle”, mentre avvia il viaggio, il tragitto, un ragazzino che va oltre, va nella vita reale e narrata. E’ cosi che nasce il primo volume narrativo: “L’odissea di un cardinale, La storia di…”, intramata in argomentazioni familiari, amorose, soprattutto nel versante bisessuale, nella ribellione giovanile del ‘68, nell’avvicinarsi dei giovani alle droghe. Le suddette tematiche, e ancora le divisioni sociali, le discriminazioni sessuali, la grande piaga mai attenuata della violenza sulle donne, delle ingiustizie subite, degli stupri, delle loro ribellioni, e poi tutto l’universo gay intricato e complesso, diventano il nocciolo argomentativo intorno a cui ruotano le narrazioni di Schembri. Filo conduttore, pertanto, è la constatazione, la forte presa visione, l’evidenziarsi interiore, nello scrittore, di quella fetta di umanità su cui pesa una condizione di separazione, di alienazione, di condizionamento, di emarginazione, di non libertà, operato da una cosiddetta fetta certamente non onorevole, non degna di essere chiamata umana. Questo spaccato di umanità tradita, nei romanzi di Schembri, assurge a personaggio principe, un personaggio che si riappropria del proprio piedistallo esistentivo, del proprio locus vivendi, della propria autocoscienza di pensiero. Talvolta anche della propria libertà fisica, sebbene non sempre di quella intellettiva ed emotiva. Si potrebbero riportare moltissimi titoli, al riguardo. Fra gli altri, per la tematica femminile, vanno ricordati: “Perché gli uomini picchiano le donne”, edito nel 2006, “La droga dello stupro”, “La libertà non è di questo mondo” e “ Donne picchiate si ribellano”, del 2008, “La follia di Alice”.
Un altro importante perno di scrittura è l’universo dei bambini: “L’odissea di un cardinale”, “Gli occhi della quercia”, “Sentirsi ombra”. Non un mondo di fiabe, di carezze, di svoli nei giardini d’incanto. No. Sono bambini traditi, al macero in dolori quotidiani che si fanno forza trasfiguratrice, bambini cui necessita l’integrazione con l’altro da sé. Invero, sono bambini che ancora vogliono scommettere sulla vita, che non possono sentirsi perdenti, che ancora vogliono credere riconquistando un’umanità sfuggente ma ancora in tempo per essere afferrata e ricondotta nella dignità. Oltre l’universo donna. Oltre l’universo bambini.
Come non accennare a tutta una serie di saggi biografici nei quali l’estro di Pascal si è sicuramente dilettato? In primis per la sua sete infinita di sapere, e poi, un modo per entrare nella psiche di certi personaggi alla luce della ribalta; per scrutarne la tensione vitale conduttrice della loro esistenza e del loro agire. Nel 2010, vede la luce la prima biografia, “Essere Francois Sagan”, cui seguirono le biografie di Flaiani, di Marilin Monroe, Monicelli, Hepburn e Piaf, Mastroianni e Sgarbi e molti altri ancora.
In seno alla straordinaria ricchezza produttiva di Schembri, oltre alle tematiche prima menzionate, di accentuata cognizione sociale, non va minimamente occultata quella individuale psicologica: pertanto, ecco i romanzi sulla memoria, “Il miracolo di San Calogero” e “Psicopatologia del gemello”, e ancora “Venere in burqua” sul panico, “Uomini in gonnella”, sull’accettazione singolare di genere.
Certamente a leggere tutti i titoli delle varie opere di Schembri, è il suo dinamismo sotterraneo che balza prepotente all’osservazione del lettore.
Abbiamo osservato il grande caleidoscopio interiore multicromatico e multivariegato, questo fuoco inestinguibile che ha portato e porta Pascal Schembri ad agire nella scrittura. Fuoco creatore di una “mente insoddisfatta”, come ama autodefinirsi il nostro scrittore, parole che leggiamo a pagina 139.
La narrativa e la saggistica di Schembri non è legata a mode e a scuole. Si distinguono per uno stile attuale, moderno, padroneggiato come può esserlo un respiro, naturale, quotidiano nel versante dialogico, sapientemente equilibrato, scorrevole e chiaro. “Non miro a palati sofisticati…e ciò mi rende reale”, scrive Pascal, a pagina 155, accentuando il fatto di voler essere aderente alla ricezione di un pubblico medio, di vasta portata, porgendo argomentazioni attuali e socialmente rilevanti. Concludendo, si potrebbero riportare, ora, numerosi giudizi critici di diversi scrittori, come le prefazioni ai vari volumi, estrapolandoli dal testo “Figli adottivi” in cui sono inseriti. Possiamo citare Marco Ongaro che ha prefato diversi volumi di Schembri puntualizzandone la modernità nella scrittura; e Sergio Sciacca, cui si deve la prefazione di questo volume oltre a diversi altri precedenti.
E’ oltremodo difficile poter incasellare, o incastonare, il nostro scrittore entro margini, scuole, gruppi, avanguardie e non, letterari ben definiti tanto è variegata e multiforme la sua numerosa produzione narrativa e saggistica.
Certamente, possiamo dire che non è una scrittura evanescente; che sa calarsi nelle voci umane spesso urlanti o che, ossimoricamente, vivono il silenzio tragico; possiamo dire che lo scrittore sa ben segnalare lo smarrimento, la fragilità dell’animo umano e, al contempo, il desiderio del suo stesso superamento.
Un mondo concreto, pertanto, reale, tangibile che incide fortemente nel quotidiano facendosi cronaca e poi storia.
Tutto questo è Pascal Schembri che, con il volume “Figli adottivi” ha tracciato magnificamente il binomio inscindibile vita-letteratura nel suo percorso esistenziale.

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