L’ILIADE, IL GIOCO DEGLI DEI E IL TRAMONTO DELL’OCCIDENTE [foto e video]
















Testo e foto di Diego Romeo
Singolare ventata di classici nei teatri agrigentini. Al teatro di Racalmuto con Moby Dik, ad Agrigento con “Iliade il gioco degli dei” e “Il fu Mattia Pascal”, quest’ultimo mai tradotto da Luigi Pirandello in commedia. Un segnale importante dato dall’autore agrigentino che doveva suggerire ai revisori e riduttori la necessità, dopo ogni rappresentazione, di una distribuzione libraria dell’intoccabile romanzo di cui neanche il grande Mario Monicelli riuscì nella trasposizione cinematografica a trarne tutte le emozioni. Adeguate perplessità per l’Iliade (“ Enciclopedia tribale dell’Ellade) che ha fatto risuonare sulla scena del Teatro Pirandello il rumore di sciabole tra Achille e Ettore. Già la firma di tre registi ( Alessio Boni, Roberto Aldorasi, Marcello Player) ci dice della complessità della messinscena. Ancora più delicata la stesura del testo firmata da Aldorasi, Boni, Niccolini, Prayer. Come abbiano fatto ad accordarsi nell’affrontare l’esametro greco sembra un miracolo di cooperazione. Lo spettatore canuto che si aspettava l’alato verso di Monti e Pindemonte forse sarà rimasto deluso mentre i più giovani (ma erano pochi) avranno prediletto la più moderna prosa, una scelta di linguaggio che tempo fa era stata fatta dallo scrittore Baricco in una sua nota traduzione.. Un grande merito quest’Iliade di Boni (incazzatissimo e incestuoso papà Zeus) ce l’ha , perché ci ha ricordato la celebre profezia di Spengler, quel “Tramonto dell’occidente” che ormai sta arrivando al capolinea secondo autorevoli editorialisti e saggisti. Senza andare lontano, invitiamo il lettore a riflettere sulla reattività agrigentina dopo la designazione a “capitale della cultura”. Impossibile non accorgersi di questa accentuazione del carattere mitico continuamente messo in scena: gesta eroiche, celebrazione della violenza, il rapporto con il potere e con la morte, simboli e immagini che esprimono una identità prettamente destrorsa.. Nostalgie conservatrici che si fronteggiano con bravura tutta sicula nello sceneggiare morti e resurrezioni di Cristo, mistiche esplosioni schizofreniche per san Calò col risultato di un volgare nichilismo religioso. Profetico a questo proposito l’incipit del saggio di Spengler: “Il mondo antico prevede nella sua fase ascensiva la grecità e nella fase di decadenza la romanità. Noi stiamo ripercorrendo le vicende della romanità e in particolare della Roma dei Cesari; ci specchiamo nele stesse fasi del cesarismo ma non nei suoi contenuti; attraversiamo la “forma” del cesarismo ma il nostro compito è di riempirla di contenuti diversi”. Se ci fate caso chiedetevi perché è stato aggredito così malamente “Megalopolis” di Francis Coppola? Un film che serve a riflettere per scongiurare il rinnovarsi di derive pericolose che in questi ultimi decenni hanno impedito quello spazio di manovra per governare meglio.. Perfino Alessio Boni nella sua nota di sala ci ricorda come le opportunità e occasioni ci siano ancora per ribaltare gli dei inumani e capricciosi perché” da un po’ di tempo qualcosa è cambiato, sono diventati pallidi, immagini sbiadite dell’antico splendore, hanno perso i loro poteri e non sanno spiegarsi né come né quando sia iniziato il loro tramonto”.