Confermato il 41 bis a carico di Vincenzo Licata
La Cassazione ha confermato il 41 bis a carico del boss di Grotte, Vincenzo Licata. E’ stato condannato all’ergastolo per gli omicidi di Costanza, Carlisi e Zaffuto.
Il giorno di Pasquetta del 1996, Giovanni Brusca, che poi sarebbe stato arrestato il successivo 20 maggio ad Agrigento, a Cannatello, trascorse la giornata in campagna, tra grigliate e vino, a casa di Vincenzo Licata, a Grotte. Lui, Licata, capomafia della cittadina in provincia di Agrigento, sarebbe stato arrestato esattamente due anni dopo, nell’ambito della maxi inchiesta antimafia “Akragas”, inchiodato dalle dichiarazioni dei collaboratori di Porto Empedocle Pasquale Salemi e Alfonso Falzone. Ed è stato condannato all’ergastolo per tre omicidi. L’imprenditore di Favara, Antonio Costanza, fu preda della lupara bianca il 25 giugno del 1995. Il collaboratore di Porto Empedocle, Luigi Putrone, ha raccontato: “Antonio Costanza avrebbe tramato contro il clan Fragapane di Santa Elisabetta. Abbiamo attirato con un pretesto e un appuntamento a Costanza, poi Leonardo Fragapane di Santa Elisabetta gli ha sparato, poi abbiamo tentato di strangolarlo e poi Giuseppe Gambacorta di Porto Empedocle gli ha sparato il colpo di grazia alla testa. Il cadavere, con l’aiuto di Giuseppe Aquilina, di Grotte, è stato sepolto, con la sua automobile, in una cava di Vincenzo Licata, anche lui di Grotte, tra Milena e Campofranco”. E Licata è stato condannato all’ergastolo. Poi un altro ergastolo lo ha subito come mandante del duplice omicidio di Calogero Zaffuto e Angelo Carlisi, commesso a Porto Empedocle il 21 aprile del ‘93. Il pentito Alfonso Falzone ha raccontato: “Un giorno vennero a trovarmi nella la mia pescheria a Porto Empedocle Vincenzo Licata di Grotte, Maurizio Di Gati e Ignazio Gagliardo, entrambi di Racalmuto. Mi chiesero di uccidere tale Carlisi di Grotte sul conto del quale Licata mi precisò che si trattava di uno che veniva a prendere il pesce al mercato ittico di Porto Empedocle con un furgoncino Fiorino del quale mi fornì il numero di targa. Mi descrisse anche le sembianze di Carlisi e mi precisò che lo stesso veniva a prendere il pesce con un altro soggetto che doveva essere risparmiato perché non c’entrava niente mentre, invece, Carlisi era uno stiddaro. Licata mi assicurò di averne già parlato a Salvatore Fragapane che aveva dato il proprio assenso. Licata mi informò anche di aver cercato, senza riuscire a trovarlo, a Luigi Putrone. Io dopo ne parlai con Putrone, e lui si informò con Salvatore Fragapane se era vero che avesse autorizzato Vincenzo Licata. Ed era vero. Carlisi, e suo malgrado anche Zaffuto, vittima innocente, furono uccisi. Adesso lui, 64 anni, è detenuto al 41 bis, e la Cassazione ha appena confermato il carcere duro a suo carico rigettando il ricorso della difesa. I giudici della Suprema Corte hanno condiviso il no alla revoca del 41 bis già sentenziato dal Tribunale di Sorveglianza di Roma nel 2023. E nelle motivazioni tra l’altro scrivono: “E’ accora attuale la capacità di Vincenzo Licata di mantenere contatti con l’associazione criminale. E il suo comportamento in carcere non solo è privo di tangibili segnali di resipiscenza e di una presa di distanza dai gravi fatti delittuosi, ma anche caratterizzato dalla violazione delle regole interne di convivenza tanto da derivarne ben 40 sanzioni disciplinari”.
teleacras angelo ruoppolo