Una volta ad ogni morte di Papa
di Nicolò D’Alessandro)
Da cronista improvvisato ho seguito oggi, dalle 8,30 alle 13.30, la diretta d RAI1 che ha trasmesso i funerali di Papa Francesco. Il governo ha proclamato cinque giorni di lutto nazionale coincidenti fra l’altro con le celebrazioni della Festa della Liberazione.
L’iperbole “Una volta ad ogni morte di papa” denota un evento che si ripete con cadenze temporali legate alla vita dei pontefici. Questa è davvero l’unica volta, irripetibile, che la morte di un pontefice segna un momento di partecipazione globale. Non è mai accaduto, a memoria d’uomo, una partecipazione così imponente nel mondo.
Ad un altro detto popolare bisognerà aggiungere per questo Papa che “Morto un papa (non) se ne può fare un altro”, come Lui.
A Roma, situati a destra nella Piazza San Pietro, nei rigorosi abiti neri imposti dal protocollo del Vaticano, sono stati collocati, per ordine alfabetico, i politici e i potenti del mondo oltre i 200mila fedeli e in via del Corso 5o0.000 persone, provenienti da ogni parte, erano accalcate e compostamente coinvolte in un
funerale che si è tradotto in un grande momento di condivisione e di corale raccoglimento. Nella piazza erano presenti dodici re e 52 Presidenti. E poi 23 Capi di Governo accompagnati dalle Delegazioni di 166 Paesi, 4000 sacerdoti per l’ultimo saluto a papa Francesco. Oltre l’affluenza di una moltitudine di
fedeli si è anche registrata la presenza di 7mila troupe giornalistiche internazionali. Roma ha visto per molte ore 170 cortei che per trenta ore hanno percorso le strade della Capitale, in un viavai ininterrotto dei motociclisti della scorta e delle nere vetture blindate.
Sono state imponenti le misure di sicurezza previste da alcuni giorni, affidati a 10mila addetti. Per proteggere i movimenti delle autorità e dei cittadini all’interno della città, blindare la cerimonia dei funerali in San Pietro e infine rendere sicuro il trasferimento del feretro di papa Francesco fino a Santa Maria Maggiore.
Un numero impressionante per un avvenimento come questo:
4mila tra agenti di polizia, carabinieri e finanzieri; 2 mila della polizia municipale di Roma; parecchie centinaia di militari dell’Esercito e dell’Aeronautica oltre al ruolo discreto degli operatori dell’intelligence. Tiratori scelti posizionati in alto sui tetti nei passaggi obbligati per le autorità e i fedeli. All’ingresso della Piazza San Pietro nel colonnato 54 metal detector hanno controllato il passaggio dei fedeli. Elicotteri e droni della polizia hanno garantito la sorveglianza dall’alto. Particolare cura è stata posta per la sicurezza del percorso dal Vaticano a Santa Maria Maggiore, dove migliaia di pellegrini e di romani hanno datol’ultimo saluto al pontefice. Al largo è stato schierato il cacciatorpediniere “Caio Duilio”, con un radar che monitorava un raggio di 400 chilometri. Le forze dell’ordine hanno gestito brillantemente un’operazione complessa, organizzata in un tempo record. Una inedita manifestazione che non ha registrato alcun incidente. La giornata si è svolta in un clima di pacifica attesa e commozione. I commentatori della televisione pubblica e di quelle private hanno registrato un avvenimento storico, irripetibile, con grande dovizia di particolari, interviste e rievocazioni, la vita di Papa Francesco nel suo ultimo viaggio e una preziosa documentazione che servirà per il tempo a venire. Dal sagrato d San Pietro le esequie di Francesco, definito da molti il Papa del Mondo, vanno verso Santa Maria Maggiore, accompagnate da un lungo applauso all’uscita del feretro dalla basilica. Oltre alle decine di migliaia di persone dietro le transenne, che contengono l’entusiasmo dei pellegrini e della gente, lungo i sei chilometri nel cuore di Roma il feretro di Bergoglio, sulla papamobile che lo rendeva visibile a tutti, si è diretto verso la sepoltura a Santa Maria Maggiore. Gente con bottiglie e panini per le lunghissime ore d’attesa lo hanno salutato per tutto il percorso. Qualcosa di inedito e straordinario sicuramente è avvenuto. È stato questo un funerale affidato alle immagini più che alle parole. Ho assistito ad una simmetrica parata di colori, di movimenti ordinati di composti fedeli. Immagini restituite da una rigorosa regia organizzata dal Vaticano. Un cerimoniale unico voluto dallo stesso papa nel suo testamento. Non c’è stato un catafalco funebre come quello già visto per altre morti in Vaticano e sulla bara del Papa è stato posto il Vangelo aperto. Di fatto vediamo tutto il mondo politico raccolto a piazza San Pietro. I grandi della Terra sono riuniti per celebrare le esequie di Papa Francesco. Tutti quelli che per anni lohanno combattuto, deriso, schernito, ignorato e che non lo hanno mai ascoltato, oggi si esibiscono nelle rituali condoglianze omaggiandolo
Ipocritamente. Sì, c’è il rischio di beatificarlo a parole, per dimenticarlo nei fatti. A Piazza San Pietro percepisco come se volesse emergere la “spiritualità addormentata” del mondo non soltanto cattolico. Per tutto il tempo della diretta i problemi del mondo, la guerra, il dolore mi appaiono come scomparsi.
Le tragedie dell’Ucraina e della Palestina mi risultano lontanissime immagini di un mondo che non ha nulla a che vedere con l’“umano”. Eppure gli attori che hanno determinato e deciso la violenza e i massacri che ci angosciano, e che rendono precario il futuro sono li riuniti. Sono gli stessi che vogliono riarmare le nazioni per fare la guerra e per aver più sicurezza.
Che con le loro politiche dissennate agiscono sulla vita di miliardi di persone. Gli stessi che hanno sempre ignorato gli appelli di Pace di Papa Bergoglio. Un barlume di speranza e di fiducia appare in questa manifestazione che molto poco di funebre ha avuto poiché la spettacolarizzazione si è manifestata nel modo come si è svolta. Le interviste hanno espresso gioia e serenità, impegno e fiducia in un futuro di pace. Emotività condivisa con lacrime e sorrisi. L’avvenimento mi è apparso come una grande festa della vita in un momento che ci ricorda che la morte ne fa parte.Abbiamo notato grida gioiose e cartelli con frasi affettuose. Ragazzi che gridano il suo nome come in un grande spettacolo. Tutti hanno parlato di emozioni. Molti hanno sentito la necessità di essere presenti come omaggio al “loro” Papa. Il Presidente della Repubblica Mattarella a Genova in una puntuale celebrazione del 25 aprile sulla resistenza ha, tra l’altro, sottolineato l’impegno pacifista di Papa Francesco che sin dall’inizio del suo pontificato ha sempre ribadito e sostenuto il suo impegno d’amore e di fratellanza. Quasi in consonanza Matteo Zuppi, al suo arrivo in Vaticano per partecipare al conclave ad un giornalista che lo intervistava ha detto: “Buona liberazione, ricordiamoci della liberazione”. “Possiamo percorrere la strada di Francesco” ha dichiarato la leader tedesca Von der Leyen la stessa del piano di riarmo invocato per la difesa dell’Europa per prepararsi alla guerra del 2030. Qualcosa è certamente avvenuto. Emarginati e senza tetto hanno accolto con una rosa bianca il feretro a Santa Maria Maggiore come Lui ha voluto. Transessuali, migranti, senza tetto e un popolo riconoscente hanno partecipano alle esequie, con grande e visibile commozione così com’è apparso nelle interviste. Papa Bergoglio lascia un segno forte che determinerà qualcosa. Una eredità morale che deve essere colta se vogliamo uscire indenni da questo periodo disastroso e impronunciabile. Esprime la necessità del nostro martoriato tempo, una contemporaneità che dovrebbe essere basata sul principio della pace. Il suo apostolato prelude a una Chiesa nuova e il mondo resta in attesa del nuovo Papa.
(nella foto Papa Francesco in un’opera grafica di Nicolò D’Alessandro)
