Ha ucciso i genitori sotto effetto di cocaina: 23 anni
La Corte d’Assise di Agrigento ha condannato a 23 anni di reclusione il racalmutese Salvatore Sedita, imputato e reo confesso di duplice parricidio. I dettagli.
“Salvatore Sedita è stato capace di intendere e di volere quando ha ucciso, ma ha agito sotto la spinta disinibente e aggressiva della cocaina. Il reato non è diretta espressione di una infermità mentale ma è avvenuto sotto l’effetto della cocaina per cui Sedita va considerato capace di intendere e volere. Potrà essere processato”. Ecco l’esito della perizia psichiatrica, firmato dal dottore Lorenzo Messina, incaricato l’11 gennaio del 2023 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Agrigento, Francesco Provenzano, a valutare le condizioni mentali di Sedita, il 36enne di Racalmuto che ha confessato di avere ucciso il 13 dicembre del 2022, nella loro abitazione in via Rosario Livatino, i genitori Giuseppe Sedita e Rosa Sardo di 66 e 62 anni, con 47 colpi di mannaia. Lo scorso 17 luglio il pubblico ministero di Agrigento, Elenia Manno, a conclusione della requisitoria, ha invocato la condanna a 30 anni di reclusione a fronte del vizio parziale di mente legato all’effetto della cocaina. Ebbene adesso la Corte d’Assise di Agrigento, presieduta da Giuseppe Miceli, ha condannato Sedita a 23 anni di reclusione. Lo stesso Miceli nel corso del dibattimento ha commissionato una seconda perizia psichiatrica. E i psichiatri Leonardo Giordano e Osvaldo Azzarelli nella loro relazione hanno scritto: “All’epoca degli episodi criminosi addebitatigli, Salvatore Gioacchino Sedita era affetto da infermità di mente in misura tale da scemare grandemente senza escludere la sua capacità di intendere e volere. Per la patologia riscontrata può essere considerata una persona socialmente pericolosa. E’ allo stato capace di partecipare al processo”. Sedita, difeso dall’avvocato Ninni Giardina, poche ore dopo l’arresto ha farfugliato frasi del tipo: “Quelli non erano i miei veri genitori, vedo fantasmi e strane presenze, faccio uso di droga, di crack”. Poi, più a freddo ha aggiunto: “Non sono stato accettato. Dopo la separazione da mia moglie, sono tornato a vivere a casa. Ma loro mi volevano mandare via. Mio padre non mi ha più accompagnato a Canicattì per sottopormi alla somministrazione di un importante farmaco. Ho colpito prima mia madre con la mannaia conservata in una borsa frigo in camera da letto. Gliel’ho conficcata nel collo, ma è rimasta viva. Ho continuato anche quando ho capito che erano morti dando dei colpi secchi alle mani. Quando ho capito che non respiravano più ho inferto altri colpi per tranciargli le mani”. Il padre, Giuseppe Sedita, operaio forestale, la sera del 13 dicembre 2022, quando è stato ucciso dal figlio, avrebbe dovuto festeggiare il pensionamento a cena con familiari e amici. E al processo concluso in primo grado i familiari sono stati parte civile, tramite gli avvocati Giuseppe Contato, Giuseppe Barba e Giuseppe Zucchetto.
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